martedì 27 febbraio 2007

Tartarughe in viaggio

Ormai da diversi mesi stiamo seguendo i viaggi in mare di alcune tartarughe marine rilasciate l’estate scorsa, con un trasmettitore sul dorso che, via satellite, ci comunica momento per momento la loro posizione (le potete vedere su seaturtle.org, nella pagina che vi si apre cliccate su "I accept" proprio in fondo). Questi dati fanno parte di uno studio più ampio sull’ecologia delle tartarughe marine in Adriatico, e permettono di capire qualcosa di più sulle loro abitudini e comportamenti. Può sembrare quasi superfluo questo tipo di studio, in quanto, essendo l’Adriatico un mare chiuso su tre lati, o questi animali restano qui oppure ovviamente se ne escono dall’unico passaggio possibile, cioè a sud. In realtà queste ricerche danno invece molte altre informazioni sulla biologia di questi animali: basta solo pensare al confronto fra la “rotta” tracciata e le temperature dell’acqua, o la direzione delle correnti, o la differenza di comportamento fra animali piccoli e grandi, e altro. Insomma, l’impiego di trasmettitori satellitari apre un campo di ricerca molto ampio e interessante.
Questi strumenti sono però relativamente giovani, e vengono utilizzati con frequenza solo da pochi anni, da quando cioè la tecnologia ha consentito di raggiungere due risultati fondamentali: la riduzione delle dimensioni (ora sono più piccoli di un pacchetto di sigarette) e l’abbassamento dei costi.
Ma gli spostamenti delle tartarughe in mare non sono invece una curiosità e un interesse così recente, e quindi prima dell’avvento di queste tecnologie si utilizzavano comunque strumenti per studiare le migrazioni delle tartarughe, sebbene molto più rudimentali: le targhette. Le targhette, o tags, possono essere di metallo o di plastica e vengono applicate alle zampe delle tartarughe pescate o spiaggiate, oppure alle femmine adulte che si spostano in spiaggia per deporre le uova. Se la tartaruga viene ritrovata, allora possiamo scoprire dove è finita. Quindi i tags danno informazioni molto semplici: dove è stata marcata, dove è stata ritrovata, quanto tempo è passato e di quanto, nel frattempo, la tartaruga è cresciuta (ammesso che venga misurata sia prima che dopo).
Ogni anno vengono marcate, in Mediterraneo, migliaia di tartarughe, e i ritrovamenti sono sull’ordine del 3-4 %. Uno sforzo enorme quindi, per un risultato tutto sommato limitato.
Abbiamo detto che uno dei momenti migliori per marcare le tartarughe è chiaramente quando queste escono per deporre le uova. In Grecia, che rappresenta il sito di deposizione più vicino all’Adriatico e il più importante del Mediterraneo, l’attività di marcatura è intensa. Negli ultimi anni sono state ben 35 le tartarughe trovate in Adriatico con targhette provenienti dalla Grecia. Di queste 27 sono state ripescate nelle acque croate, 2 in Montenegro e una in Slovenia. Questo è ovvio in quanto la corrente in Adriatico sale lungo le coste orientali (quindi dalla Grecia verso Albania, Montenegro e Dalmazia) e scende lungo le coste italiane. Le altre sono state ritrovate nel ravennate-ferrarese (4) e una a Cesenatico. Da notare che molti di questi ritrovamenti sono stati compiuti ad anni di distanza dal rilascio della tartaruga con due “record”: una tartaruga marcata nel 1996 a Kiparissia in Grecia e ritrovata nel 2004 a Porto Garibaldi e una marcata a Kifisa, sempre in Grecia, nel 1988 e ritrovata dopo nove anni, nel 1997, Punta Marina (RA).
Ci sono poi le tartarughe marcate in un programma di marcatura condotto dall’associazione Archè di Ferrara, in collaborazione con i pescatori di Porto Garibaldi (FE). Otto tartarughe di questo progetto sono state ritrovate, generalmente non troppo lontano dall’area di marcatura: Ravennate, Cesenatico, Rimini, Fano più due viaggi più lunghi: una a Roseto e una Porec, in Croazia.
Altri ritrovamenti interessanti sono quelli per esempio di una tartaruga marcata in Puglia e ritrovata ben cinque anni dopo a Cesenatico, e un esemplare marcato a Pirano e ritrovato cinque mesi dopo a Ravenna.
Come si vede una situazione molto fluida e anche difficile da indagare, ma ogni tartaruga ritrovata dopo essere stata marcata, aggiunge una microscopica tesserina al complesso puzzle della biologia di questi antichi Rettili marini.

martedì 20 febbraio 2007

Avvoltoi

Sono schifato. E incazzato. Sono tre o quattro giorni che sui giornali e sulle news in internet sono comparse decine di articoli che comunicano che la delfina Mary G. sta male, e che si sta lasciando morire perchè una delle sue addestratrici, Tamara, è scomparsa improvvisamente all'inizio di febbraio. Sono schifato perchè giornalisti superficiali, male informati, in malafede e senza scrupoli, hanno messo in relazione due notizie vere, ma inventando un collegamento che invece non esiste. E' vero, Mary G. non sta bene, ma i suoi problemi risalgono addirittura a dicembre, Tamara è scomparsa il 2 febbraio. E comunque attribuire a un animale comportamenti e "sentimenti" umani è una pura illazione e un giochino puerile.
Mi fa ancora più schifo che le interviste che smentiscono che ci sia un collegamento fra le due cose non siano state, volutamente, mandate in onda, per non smontare la notizia.
Mi fa schifo il cercare la notizia a sensazione ad ogni costo, anche quando la notizia non esiste. E' vomitevole questo giocare con i sentimenti, non solo di chi è coinvolto in prima persona in questa vicenda, ma anche con quelli del pubblico, che si commuovono e si sentono mossi a compassione, venendo "guidati" a fare connesioni e collegamenti che nella realtà non esistono.
Questi sono avvoltoi, sono sciacalli di una cosa che chiamano informazione, ma che invece è solo "spettacolo", disgustoso spettacolo.

venerdì 9 febbraio 2007

Delfini sloveni

La Slovenia si affaccia sulla parte più settentrionale dell’Adria- tico, con uno stretto lembo di terra che si sviluppa su appena 46 km di costa. Studiare i delfini “sloveni” non è possibile, nel senso che non esistono, ovviamente, delfini legati a un’area di mare così ristretta ma semmai animali che si muovono in un areale più ampio (golfo di Trieste, Croazia settentrionale) che comprende anche le acque nazionali slovene.
Eppure, sebbene in un pezzetto di costa così limitato, ben due associazioni slovene si stanno impegnando nello studio e nell’osservazione in mare dei delfini di quell’area. Esse sono l’associazione Vivamar (che è stata anche partner del progetto internazionale guidato da Provincia di Rimini e Fondazione Cetacea chiamato Adria-Watch) e il gruppo Morigenos.
I dati resi noti da Vivamar provengono da uno studio condotto dal 2001 al 2005 in un’area di circa 140 km quadrati comprendenti tutte le acque slovene, la parte più meridionale del Golfo di Trieste e l’area settentrionale della penisola istriana. La ricerca à stata realizzata sia utilizzando una piccola imbarcazione (5,11 m) per osservazioni dirette, sia dei questionari distribuiti a pescatori, diportisti e autorità. In quell’area gli avvistamenti sono abbastanza “facili” e le osservazioni sono risultate molto più concentrate nel periodo primavera-estate (82%). Interessante anche, nei mesi caldi estivi, la distribuzione oraria degli avvistamenti: solo il 2% dei delfini si è fatto vedere nella fascia dalle 11 alle 18, tutti gli altri o nel primo mattino o nel tardo pomeriggio/sera.
I gruppi mostravano una composizione molto variabile andando dall’avvistamento di un animale singolo, fino a gruppi di 40 individui.
Il lavoro dell’altra associazione, Morigenos, è iniziato un anno dopo, nel 2002 e i dati disponibili arrivano anche in questo caso al 2005. Le osservazioni sono state fatte tramite imbarcazioni, oppure anche direttamente da terra, per circa due mesi all’anno.
Questa attività ha permesso loro di “incontrare” i delfini per 51 volte e 55 esemplari sono stati foto-identificati: cioè, grazie a foto particolareggiate della pinna dorsale, sono stati distinti 55 soggetti, ora catalogati e dunque sempre riconoscibili. Questa tecnica è fondamentale per studiare le popolazioni di delfini, in quanto consente di valutare diverse cose di un gruppo: se gi animali avvistati sono sempre gli stessi, se un particolare delfino sta sempre insieme ad altri animali “amici” o se il gruppo è fluido, quale è la storia riproduttiva di una femmina, se il gruppo accoglie animali nuovi o se perde esemplari che se ne vanno, etc.
In questo caso per esempio si sono messi a confronto i 55 delfini riconoscibili, con i 238 già foto-identificati nelle acque croate da precedenti studi e si visto che… non ci sono corrispondenze. In pratica nessuno dei delfini identificati in Slovenia era già stato visto nelle acque croate più settentrionali. Questo è molto strano in quanto risulterebbe che siamo in presenza di due popolazioni locali, che vivono separate tra loro. Un altro punto interrogativo sul quale solo future ricerche potranno gettare luce.

(La foto è di Luca Amico)

sabato 3 febbraio 2007

Ciao Tamara

Ieri sera è morta una amica. Nel modo più assurdo, inspiegabile, sconcertante. Uccisa. Da un povero, maledetto, pazzo. Non ci sono parole, solo silenzioso dolore e domande senza risposta. Ti ricordo così, come ti ho sempre vista da quando ti conosco, felice, con i tuoi delfini. Ciao Tami.