giovedì 27 marzo 2008

Estinzione?

L'altro giorno ero in una scuola superiore e stavo parlando di squali. In particolare ero arrivato alla parte della conservazione. Come al solito ho iniziato a elencare i problemi e le minacce che gli squali stanno affrontando (e perdendo) in tutto il mondo. E come al solito vedevo le facce di questi ragazzi di 16-17 anni cambiare, rabbuiarsi. In poco tempo avevo di nuovo tutta la loro attenzione (ma con gli squali è troppo facile...) mentre scendevano con me nell'abisso dello scempio che si sta compiendo. L'overfishing, le catture accidentali e poi giù giù fino al finning.
A un certo punto un ragazzo mi ha chiesto così di punto un bianco se anche l'uomo non potesse prima o poi estinguersi, e magari proprio per sua stessa colpa. Me lo chiedeva come se avesse realizzato all'improvviso un qualcosa che dovrebbe essere evidente a tutti e nell'ordine delle cose. Questo atteggiamento è figlio del pensiero che il mondo "è qui per noi, a nostra disposizione". Tantissimi, molti consciamente, altri meno, lo pensano.
Non credo sia così, spiacente. Credo che siamo una specie fra le tante. Sottoposta alle stesse leggi naturali. Vedo la nostra intelligenza, la nostra razionalità, la capacità di astrazione come risultati di un'evoluzione che ci ha permesso di adattarci a un certo tipo di ambiente. Caratteristiche adattative, niente più. Come la coda prensile di alcune scimmie e le ampolle del Lorenzini degli squali, o il biosonar dei delfini.
Queste caratteristiche ci rendono solo maggiormente adattabili a molti diversi ambienti. Da qui la nostra espansione. Non dono o pre-scelta, ma evoluzione.
Finchè il nostro macro-ecosistema ci sosterrà, saremo qua. Dopodichè, potremmo non esserci più. Senza che questo debba mimimamente sconvolgere ogni altra forma vivente sopravvissuta perchè meglio adattata.

martedì 25 marzo 2008

Bellissimi (e istruttivi) video

Voglio segnalarvi dei video veramente belli e ricchi di informazioni (non sempre confortanti purtroppo) sui Cetacei del Mediterraneo.
Sono realizzati da EarthOCEAN che è proprio specializzata nella creazione di "media" educativi sull'ambiente, la scienza e la storia naturale.
Hanno realizzato questa serie di video dal titolo "Whales of the Mediterranean", davvero ben fatti e con splendide immagini.
Sono in inglese, ma molto comprensibili, anche perchè "recitati" pensando (almeno ho avuto questa impressione) anche a un pubblico non madrelingua.
- Whales of the Mediterranean - Part 1 "The Sea in the Middle of the Earth"
- Whales of the Mediterranean - Part 2 "The Sperm Whales of Greece - Life in the Trenches"
- Whales of the Mediterranean - Part 3 "Fishy Business - The Illegal Driftnet Fishery"
- Whales of the Mediterranean - Part 4 "Disappearing Dolphins"
- Whales of the Mediterranean - Part 5 "Sanctuaries of the Sea -Are Marine Protected Areas for Cetaceans a Solution?"
Vi auguro una buona visione.

lunedì 17 marzo 2008

Son tornate le orche (nella mia testa)

Sto leggendo di orche, in questo periodo. Animali veramente affascinanti e interessanti. Mi ricordo quando una decina di anni fa biologi più esperti di me mi parlavano delle transienti e delle residenti e poi delle off-shore.
Parlo delle orche del Pacifico nord orientale, lungo le coste della British Columbia (Canada) e dello stato di Washington (USA), forse una delle popolazioni di cetacei più studiate e conosciute al mondo (vedi la cartina che ho preparato, in fondo. Cliccandoci sopra si ingrandisce). La base delle vita delle orche in queste acque è la famiglia. I gruppi sociali non sono altro che estesi gruppi familiari, detti pods. Il legame madre-figli è fortissimo e spesso persino respirano all'unisono, e non solo quando il figlio è ancora piccolo. In pratica, finchè la madre vive, i figli vivono con lei: è la società matriarcale. Ma in tutte le società matriarcali i maschi, quando raggiungono la maturità sessuale, lasciano il gruppo della madre. Non è così per le orche.
Ognuno dei tre tipi di orca del Pacifico nordorientale ha comunque la sua struttura sociale, la sua dieta, e le sue caratteristiche comportamentali e fisiche.
Le residenti vivono in pods di 10 - 25 individui, che si muovono lungo la costa in percorsi ben conosciuti. Soprattutto le aree dove passano le estati sono ormai ben definite. Le residenti del nord visitano i passaggi fra lo Johnstone Strait e le aree fra la punta nord di Vancouver Island e la terraferma. Queste sono circa 215 esemplari. Poi ci sono invece le residenti del sud, che sono più o meno 85 e vivono all'estremità sud di Vancouver Island e giù fino al Puget Sound cioè l'insenatura che scende a sud fino a Seattle o oltre. Un terzo gruppo di residenti, circa 350 orche, vivono invece nelle acque dell'Alaska. Praticamente tutte le residenti sono ormai state foto-identificate dai ricercatori e siglate con un codice (lettera più numero), molte hanno anche dei veri e propri nomi.
Le orche residenti mangiano pesce, salmoni in genere, il che le caratterizza molto dalle transienti che invece si nutrono di mammiferi marini: foche, leoni marini, delfini, balene.
Come si capisce dal nome, queste sono molto più attive delle residenti, muovendosi continuamente in cerca di cibo. In genere formano piccoli gruppetti di 6 individui o meno. E non necessariamente restano col gruppo materno per sempre. I gruppi sono meno fissi e dunque più flessibili, per questo non è corretto nominare tali gruppi come pods. Nelle acque della British Columbia ne sono state identificate 220.
Tra l'altro le transienti sono più "silenziose" delle residenti, forse proprio per non spaventare i mammiferi mariri di cui si nutrono. In effetti si è visto che le foche possono distinguere fra i suoni delle residenti e delle transienti, e scappano in preda al panico, solo se sentono queste ultime.
Residenti e transienti, anche se possono incontrarsi in certe aree, non si incrociano tra loro.
Infine, le off-shore difficilmente si fanno vedere sotto costa, preferendo abitare le acque sulla scarpata continentale, a una certa distanza. Formano gruppi anche molto grandi e non si mescolano con le altre. Non si sa quante ce ne siano, per la verità sono state riconosciute come tipo solo alla fine degli anni ottanta.
Torneremo a parlare di orche, perchè erano uscite da un po' dalla mia mente, e adesso sono prepotentemente tornate.

mercoledì 12 marzo 2008

Sabato a Venezia

Sabato al Salone Nautico di Venezia, al padiglione 107, area incontri, ci sarà una serie di conferenze dedicate all'Adriatico e a libri sull'Adriatico.

14.00 Cristiana Bartolomei "L'Architettura dei Fari Italiani"

15.00 Marco Affronte "Il mare che non ti aspetti"

16.00 Piero Magnabosco "Adriatico 2"

Se passate di là, fatemi un saluto.

martedì 11 marzo 2008

Zzzzzz...

Lo so. Il blog langue. Ma ho le mie scusanti. Un virus intestinale (o forse i post-bagordi per la festa dei 40 anni della mia LEI), un periodo di lavoro frenetico e con tanto di lezioni nelle scuole, il piccolo Tommaso che di notte non dorme. Mai.
Aiuto. Fermate il mondo, voglio scendere. Per un po' almeno.
Nel frattempo pare che due delfini abbiano scelto le acque di Cervia/Milano Marittima per viverci in maniera "stabile". Ecco la notiziola:
"Tornano i delfini nell’Adriatico (come tornano? Dov'erano andati?) e questa volta a poche miglia dalla costa di Milano Marittima. La coppia di mammiferi sembra essersi accasata nell’area per l’allevamento delle cozze. Una nuova compagnia per i pescatori, già affezionati agli splendidi esemplari, che già da 4 mesi appaiono in questa zona e si possono ormai definire stanziali (addirittura), tanto da pensare ai nomi (no, i nomi, no dai). Un ottimo segno per la qualità dell’acqua ed anche per l’appetibilità dei mitili (appetibilità dei mitili?)."
Per adesso tutto qui. A presto. Zzzzzzz....

mercoledì 5 marzo 2008

Delfini dall'aereo

Credo di avere già scritto alcune volte di come non esistano stime di abbondanza sul numero di Cetacei che popolano il mare Adriatico. Così come è noto che l’unica popolazione abbastanza ben conosciuta, anche numericamente, è quella dei delfini che popolano le acque delle isole croate settentrionali (Lussino, Krk, etc.), l’area del Quarnero. Nei primi anni novanta infatti grazie al lavoro dell’Istituto Tethys, erano stati foto-identificati (cioè riconosciuti singolarmente tramite immagini fotografiche) 106 delfini.
Quello che ostacola questi studi, oltre alla difficoltà di fare ricerca in un ambiente difficile e troppo diverso dal nostro come il mare, è soprattutto la mancanza di mezzi. Gli strumenti, le tecnologie e le metodiche ci sarebbero anche, ma hanno costi decisamente elevati e sono le risorse economiche che, come al solito, mancano.
Un metodo, certo non troppo economico, ma che quanto meno può far risparmiare tempo e dare un’indicazione di massima sul numero di delfini in una certa area, è quello proposto e attuato il 27 dicembre 1998 dai ricercatori dell’Università di Zagabria. Il lavoro ha dato origine a una relazione scientifica, reperibile qui, la quale, è bene premetterlo, ha suscitato nel mondo della ricerca molte, e in gran parte meritate, critiche per diversi aspetti di metodo e di elaborazione. Quello che voglio qui riportare è però semplicemente il racconto di quello studio.
In pratica, quel giorno, i ricercatori di Zagabria hanno preso in affitto quattro piccoli aeroplani, dei Cessna, i quali volando simultaneamente su e giù lungo le coste croate, hanno cercato di stimare appunto il numero dei delfini avvistati. Ogni aereo aveva a bordo uno o più osservatori (con tanto di strumentazione per gli avvistamenti) più il pilota, e volava seguendo una rotta stabilita in precedenza a tavolino, facendo in modo che le sovrapposizioni fra le rotte fossero minime.
Volarono per un totale di 4000 chilometri, riuscendo ad osservare da ogni aereo una fascia di 4 chilometri di superficie marine, per un totale di 15560 chilometri quadrati di mare “indagati”.
In totale riuscirono ad osservare 16 gruppi di delfini, per un totale di 80 individui adulti e 8 cuccioli. Per la verità i gruppi erano molto vari nel numero di animali che li componevano. Se la media degli individui era infatti di 5,5 per ogni gruppo, è anche vero che un delfino faceva gruppo a sé, cioè era da solo, e c’erano tre gruppetti di solo due animali. Il gruppo più numeroso era composto da 11 individui, tutti adulti, ma non sono mancati avvistamenti anche di 10 o 9 delfini insieme.
Da notare, magari per chi volesse fare avvistamento di delfini in acque croate (comunque abbastanza facile) che solo un gruppo si trovava in acque aperte, per la precisione a circa 19 chilometri dalla costa. Tutti gli altri avvistamenti sono avvenuti nelle acque interne e comunque a meno di 5 chilometri dalla costa più vicina.
Questo studio ha la grossa pecca di essere stato concentrato in un giorno solo (al di là delle mancanze e forzature in fase di elaborazione) e dunque può fornire davvero poche indicazioni in ambito più generale. Resta il fatto però che utilizzare surveys aerei, benché costoso e logisticamente laborioso, resta un metodo interessante per valutare il numero di cetacei in una area di studio.