venerdì 30 maggio 2008

Un centro che vale

Winter è una femmina di tursiope, la cui storia ha fatto il giro del mondo. Trovata nel dicembre del 2005 nelle acque della Mosquito Lagoon, nei pressi di Cape Canaveral, USA, al momento del ritrovamento aveva solo tre mesi di età. Era rimasta impigliata strettamente in una lenza di una trappola per granchi. Fu trasportata al Clearwater Marine Aquarium, in Florida, per una lunga riabilitazione. Purtroppo i danni riportati alla coda portarono alla perdita di tutta la parte terminale della coda stessa, più una parte del peduncolo caudale (comprendente le due ultime vertebre). All'inizio aveva addirittura imparato a nuotare muovendo il peduncolo caudale da destra a sinistra, come i pesci e gli squali. Ma, ed è questo che l'ha resa così celebre, ben presto le venne impiantata una sorprendente protesi, che ora le consente un nuoto normale.
La storia dello studio e dell'impianto di una protesi per una coda di delfino è proprio quella che ha colpito i media e che ha fatto parlare di Winter le maggior reti televisive mondiali.
Successivamente il Clearwater Aquarium ha annunciato e messo in atto un programma di visite a Winter, consentite a tutte le persone con amputazioni. Gruppi di supporto a persone amputate hanno scritto all'acquario raccontando come la storia di Winter sia stata di aiuto e di ispirazione alle persone amputate in cura da loro. Le difficoltà che hanno le persone con amputazioni ad accettare una protesi sono le stesse che ha avuto la delfina agli inizi...
Nella homepage del sito c'è un bel filmato che vi consiglio di vedere.
In questi giorni il Clearwater Aquarium ha lanciato una campagna di raccolta fondi per raggiungere la cifra di 200.000 dollari, per la costruzione di una nuova vasca per Winter. L'idea è di spostare Winter e la sua "mamma adottiva" Panama, nella nuova vasca, lasciando gli altri due delfini (Indy e Nicholas) nella vasca attuale.
All'inizio leggendo questa notizia ho storto il naso, e non poco. Poi ho girovagato e letto qua nel sito del Clearwater Aquarium e mi sono ricreduto. Questa struttura fa un grande lavoro di recupero e cura di animali in difficoltà. Anche gli altri tre delfini presenti, Panama, Indy e Nicholas, sono animali recuperati spiaggiati e non più in grado di tornare in mare. Negli anni hanno già rilasciato, dopo le cure del caso, 7 tursiopi, 2 stenelle maculate pantropicale (Stenella attenuata) e persino un piccolo capodoglio.
200.000 dollari sono una bella cifra da "investire" su un delfino, ma almeno la struttura del Clearwater Aquarium merita attenzione e risorse per il lavoro, anche di educazione e sensibilizzazione, che stanno conducendo.

sabato 24 maggio 2008

La prima orca non si scorda mai

Nel 1964 nessuna orca era mai stata catturata ed "esposta" in un acquario. Poi venne Moby Doll. La sua storia comincia quando il Vancouver Aquarium decide che, in seguito all'espansione delle sue strutture, vuole esporre una scultura a grandezza naturale di un'orca.
Oggi le orche hanno nell'immaginario collettivo un posto di onore, suscitando soprattutto ammirazione e stupore per le loro dimensioni, la loro vita sociale, le loro tecniche di caccia. Non era così quarant'anni fa. Alle orche si sparava a vista. Erano animali malvagi o aggressivi a dir poco. I pescatori, se solo ne avevano la possibilità, le uccidevano: uccidevano il "black fish" attivo rivale nella cattura degli stessi preziosi salmoni che anche i pescatori cercavano.
Tornando alla scultura, l'allora direttore dell'acquario, Murray Newman, pianificò allora una spedizione per catturare e uccidere un'orca, in modo da poterla osservare e studiare e averne una riproduzione fedele.
Newman formò una squadra in cui c'erano dei pescatori (uno dei quali aveva esperienza con l'arpione), lo scultore, e un manipolo di volontari. Si piazzarono a Saturna Island, un posto dove era sicuro il passaggio delle orche, nel periodo giusto. Arrivarono il 22 maggio e man mano che il tempo passava qualcuno se ne andava, rimpiazzato da qualcun altro. Aspettarono fino al 16 luglio, e infine le orche arrivarono, l'arpione fu sparato e un'orca colpita sul dorso. Ma per lo stupore di tutti, non morì. Così Newman partì in fretta e furia dal suo ufficio a Vancouver e arrivò lì dove si trovò a che fare con un'orca viva. E ora non sapeva che fare. Decisero di portarla "come un cane al guizaglio" fino ad un recinto in mare, nella zona a nord di Vancouver. La chiamarono, con un sondaggio pubblico, Moby Doll.
La notizia esplose come una bomba. Non era cosa da tutti i giorni poter vedere da vicino un'orca. Anche gli scienziati arrivarono da tutto il nord America. Il giorno in cui aprirono i cancelli al pubblico, si presentarono 20.000 persone.
Non si sapeva niente di orche, e dunque non sapevano nemmeno di che sesso fosse. Quando però una bimba chiese a suo padre "Cos'è quello?", fu chiaro che "quello" era un pene, e Moby Doll era un maschio.
Per due mesi non mangiò nulla. Gli diedero carcasse di foche, lingue e grasso di balena, ma niente. Più tardi si scoprì che le orche residenti mangiano solo pesce. Poi venne spostata da un'altra parte e sottoposta anche a cure mediche, ma morì il 9 di ottobre, meno di tre mesi dopo la sua cattura.
Prima che morisse il Marineland del Pacifico offrì 25.000 dollari per avere Moby Doll. Come scriverà Newman, "l'età dell'innocenza era finita". Da allora in poi ogni orca ebbe sulla sua testa una taglia.
Nel 1973 già più di 12 acquari avevano orche in cattività, tutte catturate sulla costa del Pacifico nord orientale stato di Whasington, USA, e British Columbia, Canada). Ben 263 orche erano già state catturate, non tutte arrivarono in vasca. Alcune morirono prima, altre vennero tenute in attesa e poi rilasciate.

Le orche in cattività sono una tristezza. Semplicemente troppo grandi per qualunque vasca. Ma soprattutto troppo meravigliosamente complesse nel comportamento e nella socialità, per esserne così brutalmente private.
Io ne ho vista una sola in vita mia. Mi è bastata. Lolita, la solitaria orca del Seaquarium di Miami. Un posto che sa di vecchio (e lo è), una vasca semplicemente ridicola, uno spettacolo da far male al cuore.

venerdì 16 maggio 2008

A Lugano da Flipper

Ieri sera sono stato a Lugano, invitato dall'associazione "Una Goccia nell'Oceano" e dalla mia amica Flipper. Nonostante l'amarezza che lei stessa esterna oggi sul suo blog, per le poche persone che erano presenti, è stata una bella serata. Ho tenuto una conferenza/presentazione dall'ovvio titolo di "Il mare che non ti aspetti".
Ho già sperimentato sulla mia pelle quanto sia difficile muovere le persone per iniziative come questa. A me non importa poi tanto di chi non viene e del perchè.
Non mi cambia molto parlare davanti a 10 o a 100 persone (anche se ne preferisco 100, ovvio), ma mi interessa parlare con persone che sono lì perchè volevano esserci. Punto. Anche se pioveva a dirotto e magari in tv facevano proprio un bel programma. Come ho detto lì, io racconto le mie storie, nell'unico modo in cui so farlo: con passione, convinzione e spirito critico. Poi aspetto la fine per il confronto con i presenti sempre stimolante e interessante. Ogni volta mi "porto a casa" qualcosa. Sono più ricco di prima, ogni volta.
Flipper è una persona che trasmette positività e voglia di fare, e non posso che ringraziarla ancora e le confermo che se vuole tornerò in autunno, come promesso.
Un bacio anche a Yubi che studia i... fenicotteri e a Ursula, gentilissima driver, che poi mi ha messo in imbarazzo volendo una foto con me, in stazione. Manco fossi George Clooney!

venerdì 9 maggio 2008

Delfini socievoli e... Fantozzi

Da qualche giorno sui quotidiani locali (vedi in fondo al post) si parla di questo delfino che, vicino a un allevamento di mitili al largo di Rimini, ha cominciato ad avvicinarsi ai sub della società Gian Neri di Rimini e a giocare con loro (guardate sotto i due video, davvero esplicativi).
Strane coincidenze. Sono alcuni mesi che per interesse personale e per un lavoro che sto preparando, studio il "fenomeno" dei delfini socievoli. I lone sociable sono quei delfini che si avvicinano a luoghi abitati dall'uomo e iniziano, spesso di loro iniziativa, a interagire con l'uomo.
Il fenomeno è ormai ben studiato, sebbene ancora con molti punti oscuri, e in un recente report sono stati contati, dal recente passato ad oggi, ben 91 casi di delfini solitari e socievoli.
Gli articoli su questo delfino vanno ad associarsi con quelli che parlano di un delfino che ormai da mesi interagisce con i pescatori nella zona dei vivai di cozze, verso Cesenatico (e il sospetto che sia lo stesso animale è ben forte).
Queste notizie mi hanno un po' preoccupato, perchè è facile che questi animali troppo confidenti diventino ben presto qualcosa di simile a un animale domestico. Spesso poi le conseguenze sono nefaste per il delfino stesso.
La Whale and Dolphin Conservation Society individua quattro fasi nella "storia" di questi animali:
Fase 1. Un delfino solitario arriva in una nuova area e vi si stabilisce. Generalmente quest’area offre abbondante cibo. Il delfino in genere esplora tutta la zona ma spesso sceglie poi un piccola porzione di spazio, in genere meno di un kilometro quadrato, che offre riparo e protezione. Se nell’area si svolgono attività umane, può essere che il delfino segua le imbarcazioni, spesso pescherecci, e che ispezioni gli attrezzi da pesca, ma ancora non approccia gli umani.
Fase 2. Il delfino è sempre più padrone di casa, nel senso che si abitua alla nuova sistemazione si trova a suo agio al suo interno. Può anche regolarmente seguire le imbarcazioni. La gente del luogo si accorge della presenza del delfino e tenta di avvicinarlo, magari nuotando o in immersione. Il delfino è incuriosito dalle persone ma ancora mantiene le distanze. Appaiono comportamenti correlati ad attività umane, come saltare sull’onda di prua delle barche (bow-riding), o esplorare anche con insistenza corde, catene e boe.
Fase 3. Anche la presenza degli esseri umani non è più troppo temuta e anzi in questa fase iniziano le interazioni vere e proprie con persone. Può essere anche solo una persona, o a volte più di una, che hanno col tempo cercato di fare abituare il delfino alla loro presenza. Questo processo può essere in qualche caso agevolato, se non proprio iniziato, dal delfino stesso. Queste prime interazioni comprendono lasciare che le persone possano toccare l’animale o che si avvicinino a lui in acqua, o magari nuotare fianco a fianco. L’animale pare anche reindirizzare buona parte delle sue attenzioni e curiosità verso il mondo al di sopra della superficie dell’acqua.
Fase 4. La presenza del delfino diventa di dominio pubblico, in genere supportata e esaltata dalla grancassa dei mezzi di comunicazione. Arriva gente da fuori per vedere il delfino e nuotare con lui. Il quale diventa una sorta di celebrità e una vera e propria attrazione turistica. In questa fase la situazione può degenerare, nel senso che modi di fare umani inappropriati e poco rispettosi della natura dell’animale, possono avere come risposta comportamenti pericolosi da parte del delfino, che può mostrare aggressività, forme di dominanza e anche comportamenti sessuali verso gli umani. Oppure, caso frequente, il delfino fa una brutta fine.

Torniamo al nostro delfino.
Sono stato contattato dai ragazzi del Gian Neri per uscire con loro a vedere il delfino e a giudicare la situazione. Ho spiegato loro che non credo sia una femmina, nè tanto meno gravida, come da loro ipotizzato. Gli ho anche detto che hanno fatto benissimo a mantenere la località di avvistamento segreta (ma la voce già correva veloce, ieri) e che a mio avviso avrebbero dovuto, prima o poi, smettere da andarci e lasciarlo libero di andarsene per i fatti suoi. Erano d'accordissimo ed erano già giunti alla stessa conclusione.
Siamo usciti ieri pomeriggio, siamo rimasti sul posto due ore ma, ed ecco dove torna fuori il mio Fantozzismo di questo periodo, il delfino non si è fatto vedere.
Meglio così, per la verità, significa che è ancora autonomo. Però lo avrei visto volentieri. In ogni caso siamo con le antenne ritte, e mi aspetto altri avvistamenti. Sotto trovate i video e la rassegna stampa.


mercoledì 7 maggio 2008

Sf... ortuna e lavori in corso

Come dicevo nel post precedente, in questo periodo Fantozzi mi fa una baffo. Ieri, un'ora prima di partire per Bruxelles mia figlia Ilaria che combatte da un mese con una sindrome che si chiama "porpora" (o sindrome di Schoenlein-Henoch) ha avuto un peggioramento con rischio di (secondo) ricovero in ospedale. Così non sono partito e dunque niente squali.
E anche compleanno sotto tono (sì, ieri era il mio compleanno).
Allora oggi ne approfitto per fare qualche lavoro al blog.
Mi scuso fin d'ora per eventuali disagi o apparizioni/sparizioni momentanee.

lunedì 5 maggio 2008

Un po' di squali, finalmente

Domani, se tutto va bene (frase d'obbligo in questo periodo in cui Fantozzi mi fa un baffo) vado a Bruxelles per il meeting della Shark Alliance. Sono appena arrivati a 50 gli enti che sono entrati a fare parte di questa "alleanza" per la conservazione degli squali. Un bel numero, non c'è che dire.
Mercoledì 7 si lavorerà tutto il giorno (la Shark Alliance è dominata dalle donne, dunque si lavora sempre a ritmi elevati...) e molti dedicheranno anche la giornata a fare lobbying con i rappresentanti del parlamento europeo. Io, come alla riunione precedente, svoltasi lo scorso novembre, lascio fare ad altri questo lavoro di pressing sui politici, perchè è una cosa che non sono bravo a fare.
Sì parlerà anche della European Shark Week che quest'anno giunge alla seconda edizione (ricordate la raccolta di firme a forma di pinna, lo scorso anno?). Penso che quest'anno si potrà fare ancora meglio e anche se la settimana dedicata agli squali sarà ancora in ottobre, su pressione di molti partner si è deciso di cominciare a lavorare ad eventi e raccolte varie già dall'estate, per non perdere mesi potenzialmente ottimi in località molto turistiche come qua da noi, a Riccione.
Intanto in molte sale cinematografiche europee, ma non in Italia, va in proiezione il film "Sharkwater". Già vincitore di 26 premi internazionali, Sharkwater è il prodotto del lavoro di Rob Stewart che ne è anche produttore e regista.
Il film/documentario pare sia davvero molto bello. Non so perchè in Italia non vada nei cinema, o se ci andrà in un secondo tempo, in ogni caso il film a quanto pare sarà trasmesso venerdì sera, 9 maggio, su La7.
Per quanto mi riguarda, mi ci voleva una bella settimana all'insegna degli squali, che restano la mia prima passione.

SHARKWATER