lunedì 27 settembre 2010

Sole è a casa

Le facce. Quando ripenserò alla meravigliosa giornata di ieri, le facce della gente, dei nostri volontari, di noi stessi, saranno la prima cosa che mi tornerà in mente. Facce felici, soddisfatte, gioiose, commosse, emozionate, sorridenti. Tutte consapevoli di avere condiviso un bel momento, una piccola impresa, che non cambierà la storia di nessuno, ma che nessuno dimenticherà presto.

Ieri mattina, in una splendida giornata di... sole (e come poteva essere altrimenti?), la nostra Sole è tornata in mare. E' stato tutto bellissimo. Soprattutto vedere quanta gente è venuta per salutarla. Sole, la beniamina di Cetacea ma ormai di tutta una città. C'era pure il sindaco (ma a Sole non sembrava interessare molto).
Io mi sono goduto l'affetto della gente comune, dei volontari che sono venuti anche da fuori solo per salutare una tartaruga che tornava in mare. Una delle tante, mi verrebbe da dire, ma che sciocchezza. Io ne ho rimesse in mare più di 200, ma Sole non era certo, non lo era più da un pezzo, "una delle tante". Più di quattro anni insieme qualcosa vogliono dire.

Quando abbiamo trasportato Sole dalla sua vasca, fin sulla riva, lei è era davvero molto disorientata. Ha anche cominciato a girarsi verso la direzione sbagliata. Allora l'abbiamo portata ancora un po' più avanti, proprio sul bagnasciuga, con l'acqua che le lambiva le zampe. Lì si è impietrita, ferma, immobile a guardare (almeno credo) il mare che l'aspettava e forse la spaventava.
In quel momento mi ha fatto molta tenerezza e ho fatto una cosa che ancora mi stupisce: mi sono chinato e l'ho baciata sulla testa (vedi la foto). Poi l'abbiamo spinta definitivamente in acqua, dove ha tentennato un po', finchè alla prima ondata ha cominciato a pinnare con vigore ed è partita.
Ah, che meraviglia vederla andare, andare, finalmente andare. Sei a casa adesso, Sole! E stai attenta piccola, qua da noi non ti vogliamo più rivedere, anche se ci mancherai.

mercoledì 22 settembre 2010

Sole torna in mare

Dopo un ricovero durato oltre 4 anni, la tartaruga Sole torna in mare

Ho già parlato, anche se ormai quasi quattro anni fa della tartaruga Sole. Sole è arrivata al nostro Ospedale delle Tartarughe nel luglio del 2006. Era stata trovata a Ravenna, spiaggiata, con la testa spaccata da un'elica. Sembrava morta, lo era quasi. Poi la cocciutaggine del nosro veterinario, Giordano, e il lavoro incessante dei nostri volontari e del personale di Cetacea hanno fatto il miracolo.
Ma c'è voluto tempo, tanto tempo prima che Sole guarisse. Quasi un anno solo per la ferita, poi i problemi neurologici eccetera.
L'estate scorsa avevamo programmato il suo ritorno in mare, poi invece un nuovo problema (al fegato) ci aveva fermato.
Ora il momento è arrivato. Domenica prossima, condizioni meteo permettendo, Sole torna in mare.

Vi assicuro che, pur avendo direttamente portato in mare oltre duecento tartarughe, stavolta la sensazione è davvero strana. Sole è stata con noi più di quattro anni. Quattro anni, nel bene e nel male, cruciali e di cambiamento per Fondazione Cetacea. In qualche modo lei era l'unica costante di una situazione che contnuava a cambiare. Quando, nell'inverno del 2009 abbiamo smantellato tutti gli impianti dell'Ospedale per poi allestire il nuovo centro Adria, abbiamo mantenuto attiva solo una vasca, ed era per Sole. La granda vasca da 15.000 litri che abbiamo ora, la vasca di riabilitazione, per molti e di certo anche per me, è "la vasca di Sole". Fino a domenica.

Non credo di essermi mai affezionato a un animale di quelli che ho avuto tra le mani e ho aiutato a guarire. Non fa parte del mio carattere e neanche del mio rapporto con gli animali in generale. Ho per loro un profondo rispetto, rispetto la loro natura, il loro essere, la loro dignità. Non sono pet, sono solo altri abitanti del nostro stesso pianeta. Come noi, al pari di noi.

Però stavolta un po' di emozione c'è. Mi pare strano l'Ospedale delle Tartarughe senza Sole, anche se sono ovviamente felice per lei. E preoccupato. Ce la farà? Più di quattro anni in vasca non sono uno scherzo. Quattro anni senza mare, senza cacciare, senza profonde immersioni, senza onde, burrasche, correnti... Basterà l'istinto? Noi pensiamo e speriamo di sì. Sul dorso avrà comunque un trasmettitore satellitare, che oltre a dare la sua posizione, darà anche la durata e la profondità delle sue immersioni. Dati che serviranno a capire una piccola parte di quello che le succederà "là fuori".

E comunque ci penseremo dopo. Adesso è ora della festa. La festa di Sole. Siete tutti invitati, qui il programma.

martedì 14 settembre 2010

Arriva "The cove"

Esce in Italia il DVD di "the cove", e porta con sè la polemica sui delfinari

Esce in questi giorni in Italia, edito da Feltrinelli, il DVD del film “The cove” ormai celebre per avere vinto il premio oscar come migliore documentario. Il film esce in confezione assieme al libro “Il lamento del mare” di Caterina D’Amico, libro che in verità non so come sia nè di cosa parli.
Di cosa parla il documentario invece è noto, e potete leggerlo qua, visto che ne ho già parlato.

A quanto pare anche in Italia l’uscita del film provoca un’onda di commenti, articoli e in definitiva riflessioni. In un commento a un altro post, un lettore mi segnala questo articolo su Il fatto quotidiano.

E quasi inevitabilmente si finisce anche per puntare il dito sulla questione dei delfini in cattività. E dico inevitabilmente perchè una (buona) parte della scandalo di quello che succede in quella baia giapponese, è proprio legato all’industria dei delfinari, dal momento che, prima che cominci il massacro, i delfinari stessi scelgono e prelevano dall’acqua gli animali che andranno a riempire le loro vasche.
Un articolo che mi è capitato sotto agli occhi è sul Venerdì di Repubblica, un testo duro e deciso di Giuliano Aluffi che senza mezzi termini condanna, dati alla mano, l’industria degli show dei delfini. Il testo è un insieme di dati, pareri, pubblicazioni (alcune cose non sono nuovissime, non che questo significhi che sono meno valide) e insomma il quadro completo è quello triste di una attività che, per meri scopi commerciali, costringe e sacrifica creature delle quali scopriamo, sempre più, le straordinarie capacità cognitive e le complesse caratteristiche sociali e comportamentali.

Un altro articolo lo aspettavo, perchè sapevo che sarebbe uscito, in quanto chi l’ha scritto, Gabriele Salari, mi ha contattato per telefono per un parere sul film e… dintorni. L’articolo lo trovate su Famiglia Cristiana di questa settimana alle pagine 22 e 23. Al telefono con Salari abbiamo parlato del film, e poi anche della cattività. Il “condensato” di quanto gli ho raccontato è in un box che titola “I delfinari? Meritori ma superati” (il titolo non è mio). Il testo: Se i delfini sono oggi così amati” afferma Affronte “è dovuto anche a strutture come i delfinari che oggi, però, credo abbiano fatto il loro tempo. Nel film “The Cove” abbiamo visto che i proprietari dei delfinari vanno a scegliersi gli esemplari migliori mentre gli altri vengono destinati all'alimentazione. Ma c'è da domandarsi se il motore del massacro non sia proprio l'industria dei delfinari”.
Ogni tanto nascono dei delfini in cattività, ma sono ancora troppi gli animali che nel mondo continuano ad essere prelevati in natura, nonostante in molti paesi la loro importazione sia vietata dalla Convenzione di Washington. Senza contare i molti animali che muoiono durante il trasporto.>

Ho già scritto qua quanto la mia idea sui delfinari e sulla cattività sia cambiata negli ultimi anni, e non a caso recentemente ho anche firmato questa “Dichiarazione dei diritti dei Cetacei”. Cosa che invito anche voi a fare.

mercoledì 8 settembre 2010

Il pasto della liuto

La tartaruga liuto (Dermochelys coriacea) è la più grande delle tartarughe marine, e forse la più difficile da studiare. Enorme, maestosa ma elusiva e soprattutto sempre in movimento. Non si conoscono nemmeno punti di particolare aggregazione di questi docili giganti, così diventa difficile anche individuare le aree dove poterne approfondire le conoscenze. Sono cittadine delle acque profonde, navigatrici solitarie per le quali la parola “confine” non ha nessun senso.
In realtà qualche area in cui, specialmente per motivi alimentari, le tartarughe liuto si aggregano è stata individuata, e una di queste è lungo la corrente californiana, al largo delle coste occidentali degli Stati Uniti.
Questa corrente porta un carico di nutrienti che sostiene complesse e ricche catene alimentari. Qui le liuto cercano il loro cibo preferito: le meduse. Le analisi genetiche degli ultimi anni hanno identificato questi animali come provenienti dalla popolazione che depone le uova sulle spiagge dell’Indonesia, alla bellezza di 13.000 miglia di distanza. Un bel viaggio, non c’è che dire.
E va affrontato con le dovute riserve di energia. Un’impresa non da poco per un animale che si nutre di organismi così poco nutrienti, come le meduse. E infatti si stima che una tartaruga liuto debba mangiare ogni giorno l’equivalente del 20-30% del suo stesso peso. Per un animale che può pesare anche due o tre quintali, se non di più, fate voi il conto!
Le tartarughe liuto marcate e seguite con i trasmettitori satellitari, partivano dalle coste della California verso le acque tropicali del Pacifico, dove restavano per qualche mese per ripartire verso il nord e la California. Qui però necessitano di almeno due o tre anni di abbondante alimentazione, prima di poter di nuovo affrontare la lunga traversata verso le spiagge di riproduzione.
Nelle acque californiane gli studiosi hanno documentato una correlazione fra la presenza delle meduse e quella delle liuto. Inoltre le concentrazioni di meduse variano su scala stagionale, annuale e addirittura decennale, il che significa che le liuto devono essere attente e “consapevoli” di queste variazioni, in modo da trovarsi nel momento giusto in mezzo alla massima concentrazione di meduse.
Per una ancora maggiore comprensione di come le tartarughe liuto si nutrono e si comportano rispetto alle meduse, delle piccole telecamere montate su ventose, sono state applicate sulla pelle delle tartarughe stesse, in modo da vedere come e cosa “vede la tartaruga”.
Così ecco le liuto che salgono in superficie proprio in mezzo alle aggregazioni di meduse, dove si è visto poi che si nutrono principalmente non solo delle specie più grandi, ma anche di quelle più ricche di carbonio. Di più: di ogni medusa “azzannano” (in realtà non hanno nè denti nè tanto meno zanne) solo le parti più ricche a loro volta di carbonio, prendendone da diverse meduse, ad ogni immersione.
Si calcola che in un anno ogni singola tartaruga mangi centinaia di tonnellate di meduse, ed è bene sottolineare dunque quale ruolo importante svolgano negli equilibri della corrente californiana.