lunedì 28 giugno 2010

Il viaggio di Tequila

Tartaruga viaggia dal Messico all'Adriatico. E' la prima segnalazione di questa specie nel nostro mare.

Ci risiamo. Eccolo di nuovo, quello che da anni continuiamo a chiamare l'Adriatico delle sorprese. Un mare che non finisce di stupire, e che fa pensare che basta dedicargli un po' di attenzione - Fondazione Cetacea lo fa da venti anni - perchè mostrare tutta la sua vita, la sua varietà, la sua peculiarità.

Dopo i globicefali di qualche giorno fa, ecco un'altra notizia da prima pagina. Il ritrovamento nelle acque di Bellaria (RN) di un tartaruga bastarda (Lepidochelys kempii). E' una specie che non vive in Adriatico e neanche nel resto del Mediterraneo. Si tratta dunque di un ritrovamento eccezionale, il primo in assoluto nel nostro mare.

In Mediterraneo l’unica segnalazione prima del 2000 risale al 1929. Abbiamo poi due esemplari catturati nel 2001, uno al largo della Spagna e uno al largo della Francia. Un altro avvistamento è di qualche anno dopo, nel sud della Spagna, mentre l’ultimo è del 2006 al largo di Valencia.

Per capire quanto sia sorprendente questa notizia basti pensare che l'unico sito di deposizione di questa specie si trova in Messico (guardate il pallino giallo di questa mappa)! Dunque, in un modo o nell'altro, questa tartaruga ha attraversato l'Atlantico, e pure mezzo Mediterraneo, per trovarsi dove è stata pescata.

L'esemplare, che è stato chiamato Tequila, non è molto grande, 33 cm il suo carapace, ma d'altro canto questa specie non è di grandi dimensioni. Si trova ora ricoverato presso il centro Adria, dove i primi visitatori hanno già potuto ammirarlo, forse senza rendersi conto dell'importanza dell'esemplare davabti ai loro occhi.

Sabato, tramite la lista MedTurtle, ho informato la comunità scientifica e già sono arrivati i primi riscontri, e l'invito a pubblicare subito una nota sulla rivista Marine Turtle Newsletter. Sto raccogliendo i dati.

Se passate da Riccione, ora avete un motivo in più per fare una sosta ad Adria.

Intanto, ecco le foto.

mercoledì 16 giugno 2010

Ucci, ucci, sento odor...

Il segreto dell'olfatto degli squali

Quando faccio lezioni o conferenze sugli squali mi soffermo molto sui loro organi di senso. Impossibile non farlo, dato che il mondo sensoriale degli squali è ampio e vario, e ai cinque sensi "normali" si aggiunge il senso elettromagnetico, capace di captare i debolissimi campi elettrici emessi da ogni essere vivente.
In genere nella "narrazione" inizio dall'udito, molto sviluppato e che consente allo squalo di sentire suoni a bassa frequenza da distanze molto lontane. Poi arrivo all'olfatto, sofisticato e preciso.

Ora, un lavoro pubblicato su Current Biology il 10 giugno mostra che almeno una parte di quello che si pensava, e che io riportavo, sull'olfatto degli squali non è propriamente esatto.
Gli squali hanno in genere un muso piatto e largo, e le narici sono poste a una certa distanza l'una dall'altra. Questo spazio fra le narici, che sono "costruite" in modo da fare scorrere l'acqua al loro interno per analizzare l'informazione odorosa, si spiega, o si spiegava ,con la necessità di confrontare l'informazione odorosa che giunge alle narici. Lo squalo dunque si sarebbe diretto verso la direzione che corrisponde alla narice che dà il segnale più forte. Ecco, dicevamo, come lo squalo si orienta seguendo la traccia odorosa, anche proveniente da molto distante, e risale alla preda.
Ma lo studio di Jayne M. Gardiner e Jelle Atema ha ora mostrato che c'è un errore in questa rappresentazione. Infatti non è la differenza di concentrazione dell'odore fra una narice e l'altra a dare l'informazione. E' invece una questione di tempi.
In pratica lo squalo riesce a cogliere con quale ritardo un odore colpisce una narice dopo avere colpita l'altra, purchè questo ritardo non sia inferiore a mezzo secondo (!!). Lo squalo dunque orienterà il suo nuoto verso la direzione della narice che ha captato per prima l'informazione. In questo modo, con aggiustamenti successivi, raggiunge la fonte dell'odore, e dunque la preda.
Se il tempo che passa fra l'attivazione di una narice rispetto all'altra è inferiore a mezzo secondo, le probabilità che lo squalo vada a destra o a sinistra sono identiche. Ma non prosegue diritto, o va da una parte o dall'altra, in questo modo prima o poi le due narici verranno colpite dall'odore in tempi diversi, superiori al mezzo secondo, e lo squalo si orienterà.

L'idea che fosse la differenza di concentrazione dell'odore fra le narici a fare la differenza, non può funzionare, spiegano i ricercatori, perchè in un mezzo fluido come l'acqua la dispersione delle particelle odorose "è incredibilmente caotica" e il flusso di queste particelle è irregolare, con picchi e vuoti, dunque inutile per dare informazioni sulla provenienza.
La scoperta è interessante e mostra da una parte quali macchine biologiche meravigliose siano questi animali (ma lo sapevamo già) e dall'altra quanto ancora abbiamo da scoprire su di loro. Ne avremo il tempo, prima che riusciamo a cancellarli dalgi oceani (circa 100 milioni di squali vengono uccisi ogni anno)?

martedì 8 giugno 2010

Adria in Festa


Sabato 12 giugno festa di apertura di Adria e liberazione di tartarughe

PROGRAMMA DELLA GIORNATA

10:00 Apertura del Centro ADRIA con animazione per bambini, visite guidate

15:00 Partenza delle tartarughe dal Centro e imbarco al porto di Riccione

15:30 Partenza della nave oceanografica Daphne, della motonave Queen Elisabeth* e della motovedetta della Capitaneria di Porto

* Imbarco sulla motonave Queen Elisabeth a Misano Adriatico – bagno 27/28
Costo del biglietto : adulti 10€, bambini 8€ Prenot. 339 6848787

20:00 presso il centro ADRIA grande festa con cena a base di pesce preparata dai pescatori di Cesenatico.
Costo 22 € a persona (comprensivo di devoluzione all'Ospedale delle Tartarughe) - prenotazione obbligatoria con anticipo di 5 €
Tel. 0541 691557

Guarda lo spot

venerdì 4 giugno 2010

Il mare crivellato

Si moltiplicano, in Italia, i permessi per trivellare in mare, in cerca di petrolio

Le immagini e le notizie che provengono dal Golfo del Messico continuano a rimepire i nostri occhi e anche i nostri pensieri. Non si può fare a meno di pensare al disastro di quelle acque, di quegli ambienti, di quelle vite.
Qui trovate il report giorno per giorno di tartarughe, delfini e altri animali trovati morti.
Molti dicono o diranno che questa è l'occasione per riflettere, per rivedere forse qualcosa nel modo in cui l'uomo si rapporta e sfrutta il pianeta. Sciocchezze. Non cambierà nulla.
Adesso si preferisce spostare l'attenzione su Obama: "è stato distratto", "è stato poco deciso". Mah. Il vero problema è che si continua a sfruttare una forma di energia che è limitata, che si sta esaurendo, e soprattutto che ha dimostrato di essere assolutamente non sostenibile da questo pianeta. Eppure si va avanti, sempre nella logica del "tutto e subito". Tutto e subito il profitto, si intende. Poi ai danni (non solo quelli causati dagli incidenti come questi, ma anche quelli permanenti come i cambiamenti climatici) ci si penserà dopo.
Infatti, pochi giorni fa il governo federale americano ha autorizzato l'avvio di un nuovo pozzo petrolifero in mare. Dove? Ma a 50 miglia dalla Louisiana, ovvio.
E in Italia? E i nostri mari?
Il sito di Greenpeace Italia riporta una situazione allarmante: "Al momento, oltre alle 66 concessioni di estrazione petrolifera offshore con pozzi già attivi, sono in vigore 24 permessi di esplorazione offshore, soprattutto nel medio e basso Adriatico (Abruzzo, Marche, Puglia) e nel Canale di Sicilia. L'area delle esplorazioni supera gli 11.000 kmq, una superficie assai maggiore di quella che attualmente ospita pozzi operativi (poco meno di 9.000 kmq)." E ancora "in Italia questi permessi continuano a essere rilasciati senza alcun ripensamento apparente. Anzi aumentano e sappiamo il perchè: nel nostro paese le royalties da pagare allo Stato per le trivellazioni sono del 4 per cento e non del 30-50 per cento come per altri Paesi. [...] In Italia, inoltre, oltre a royalties molto più basse, non si paga alcuna imposta per i primi 300.000 barili di petrolio all'anno: oltre 800 barili (o 50.000 litri) di petrolio gratis al giorno.
Le attività esplorative sono effettuate o richieste da imprese ben note, come ENI, EDISON e SHELL, ma anche da imprese minuscole, anche con soli 10.000 euro di capitale sociale: in caso di incidente non potrebbero noleggiare nessun mezzo idoneo a raccogliere il petrolio!"
Chiaro no? Se non ne avete abbastanza, guardatevi qua la mappa delle trivellazioni in Italia.