sabato 29 gennaio 2011

Tutti i capodogli dell'Adriatico

E' stato pubblicato, proprio pochi giorni fa, un articolo al quale ho avuto il piacere di partecipare come autore e che fa un resoconto dettagliato di tutti gli spiaggiamenti di capodogli in Adriatico, dal 1500 ad oggi.
E' un lavoro a cui do molta importanza, perchè per chi studia e si occupa di Adriatico come me, questo tipo di pubblicazioni, sono quelle che poi rimangono come dei punti fermi, tracciano delle linee di base, di riferimento, da cui poi ripartire con ulteriori studi e ricerche.

Il capodoglio non è certo una specie fra le prime che ci viene in mente, parlando di mare Adriatico, anzi. In nessun testo la troverete come specie regolarmente presente nelle nostre acque. Acque troppo poco profonde e per nulla invitanti per questo gigante. Eppure, ecco che andando a mettere insieme tutti i dati, documenti e testimonianze storiche, scopriamo invece un numero di segnalazioni non trascurabile, e forse sorprendente.

Vediamo alcuni punti, che emergono dal lavoro pubblicato su Mammal Review.

1. dal 1555 al 2009 si registrano un totale di 36 spiaggiamenti di capodogli, che coinvolgono un totale di 68 animali
2. il 44% di questi eventi è stranamente concentrato in un tratto di costa di 280 km, quella che va da Rimini a Pescara
3. in 21 casi su 36, gli animali coinvolti erano vivi, al momento dello spiaggiamento
4. fino alla metà del secolo scorso, i capodogli spiaggiati vivi venivano regolarmente e freddamente uccisi. Dal 1980 in poi questo atteggiamento è cambiato, sostituito dai tentativi di soccorrere e dunque salvare gli animali
5. in 6 casi su 36, gli animali coinvolti erano più di uno. Fra questi come dimenticare lo spiaggiamento di 7 esemplari vivi, l'11 dicembre 2009, sulla costa settentrionale del Gargano. Gli altri spiaggiamenti di massa sono stati: 8 esemplari in Albania, nel giugno del 1956; 7 esemplari a Marzocca, vicino a Senigallia, il 12 aprile 1938; 6 esemplari a Novigrad, in Croazia, il 15 agosto 1853; 3 esemplari fra Porto S'Elpidio e Civitanova Marche, all'inizio del 1800; 7 o 8 esemplari ad Ancona, il 29 luglio 1584
6. In tutti i casi in cui gli animali coinvolti erano più di uno, si trattava di capodogli ancora vivi

Molte altre informazioni sono ovviamente contenute nelle 18 pagine dell'articolo. Un piccolo ma esauriente e sorprendente spaccato sul “rapporto” fra una delle specie di Cetacei più enigmatiche e affascinanti, e un piccolo mare che sa sempre stupire.

Scarica qui l'articolo completo.

sabato 22 gennaio 2011

Chi ama davvero le tartarughe?

I mesi di dicembre e gennaio particolarmente freddi hanno causato lo spiaggiamento di numerose tartarughe. Ben 10 di queste erano ancora in vita e sono state ricoverate presso l'Ospedale delle Tartarughe di Fondazione Cetacea, dove si sono aggiunte alle tre lungodegenti che già erano presenti.
Le ultime due le abbiamo recuperate rispettivamente ieri, a Pesaro, e oggi, a Rimini.
Siamo dunque a 13 tartarughe, tutte di dimensioni medio-grandi. E' un'emergenza, e non credo sia finita.

Nel frattempo c'è chi si fa bello sfruttando proprio le tartarughe marine.
Sul blog di Oltremare appare la notizia che cinque tartarughe marine sono state affidate al parco "Fino al giorno in cui non avranno ritrovato forza e salute [...] per poi essere rimesse in libertà nelle acque dell’Adriatico".
La notizia è di quelle che sconcertano.
Ci sono solo due possibilità:
a) quelle tartarughe non necessitavano veramente di essere trasferite da Pescara in un altro luogo. In questo caso dunque si tratterebbe solo di una pura e semplice operazione commerciale e di marketing. Il che non deve stupire, dal momento che il parco è di natura commerciale e persegue scopi di profitto;
b) quelle tartarughe necessitavano di ospitalità. In questo caso non si capisce perchè non ci si sia rivolti a centri già operanti sul territorio (Riccione, Molfetta), riconosciuti dalle autorità come tali per attività di questo tipo, e sicuramente più esperti e attrezzati di un parco che non si è mai occupato di tartarughe marine.
Il comunicato di Oltremare termina con la frase "Per fortuna esistono anche tanti essere umani che amano e difendono gli abitanti del mare!". Eh sì, per fortuna non tutti utilizzano gli animali per farsi pubblicità e per profitto.

giovedì 20 gennaio 2011

Ogni volta

Ogni volta che, magari al freddo e sotto la pioggia, mi ritrovo in spiaggia a soccorrere l'ennesima tartaruga, penso che questo sia importante, non solo per me o per la tartaruga. Immagino che presto quella tartaruga sarà vista "dal vivo" da molti bambini. Vado avanti col pensiero e so che un giorno molte persone la vedranno tornare in mare e credo che allora avremo trasmesso quanto meno dei messaggi. Positivi, forse educativi.

Ogni volta che passo ore e ore davanti al pc a archiviare dati su dati di tartarughe e delfini spiaggiati, penso che questo non è un esercizio fine a se stesso o autocelebrativo (come siamo bravi, non ne perdiamo uno), ma credo invece che tutti questi dati vadano piano piano a formare un quadro, dal quale trarre piccoli insgnificanti bit di informazione, che poi messi insieme a tanti altri ci aiutano a capire di più e quindi a fare di più e meglio.

Ogni volta che mi faccio venire il mal di testa per leggere e correggere tesi di laurea, cercando di dar loro una forma che le porti ad essere non solo un lavoro necessario per conseguire un risultato immediato (la laurea) ma per gettare le basi di un ragionamento scientifico, o almeno di un metodo, di un'organizzazione logica di contenuti, che messi insieme danno un significato. D'altra parte io mi sono accorto che potevo addirittura scrivere un libro (cosa che poi ho fatto più di una volta), quando mi sono trovato la mia tesi stampata in mano. E dunque cerco di fare in modo che scrivere una tesi per uno studente sia un passaggio che, anche se poco, possa cambiare lui stesso, in meglio.

Ogni volta...

Ogni volta che ignoranza, cattiveria, prepotenza, superficialità, grettezza, stupidità, gelosia soffiano contro come un vento al quale bisogna trovare la forza di resistere, andandola a cercare laggiù in fondo alla tue motivazioni, dove ormai hai raschiato anche il fondo, allora è quella maledetta volta che pensi che sia tutto inutile, e che forse sarà anche liberatorio, alla fine, lasciarsi spazzare via.

venerdì 14 gennaio 2011

7 cose da sapere sugli squali in Adriatico

1. Gli squali in Adriatico ci sono.
Chiunque abbia un minimo interesse in materia di ambiente marino lo sa. Il resto, la massa, ancora lo ignora, ancora si stupisce e molte volte, purtroppo, fa pure la faccia spaventata. Invece gli squali adriatici sono un patrimonio, come i delfini, le tartarughe, i tonni, il pesce azzurro e le vongole.
Le specie presenti in Adriatico sono molto diverse, sia ecologicamente, cioè per il tipo di ambiente che prediligono e quindi di vita che conducono, sia anche dal punto di vista morfologico con forme e dimensioni molto differenti.
Chiaramente molte di queste specie sono di piccole, o relativamente piccole, dimensioni e in genere vivono in prossimità del fondo. Sono squaletti che siamo più abituati a vedere sui banchi del marcato che non nei documentari sui grandi predatori del mare… Specie come il palombo, lo spinarolo, il gattuccio sono molto comuni e spesso sono anche battezzate con lo stesso nome comune di “cagnetti”.
Ma non mancano affatto anche squali di dimensioni di tutto rispetto come il capopiatto, la verdesca, lo squalo volpe e lo squalo bianco.

2. Per gli squali, di sicuro per alcune specie, l'Adriatico è un'area biologicamente molto importante.
Alcune specie, soprattutto quelle di dimensioni importanti, possono frequentare le nostre acque anche solo di passaggio, magari inseguendo qualche preda golosa. Al contrario, per molte altre specie l'Adriatico rappresenta un ambiente, un ecosistema, in cui questi predatori trovano il loro ruolo, la loro "nicchia" ecologica.
Curiosamente però, l'Adriatico, soprattutto le basse acque settentrionali, rappresenta per alcune specie qualcosa di molto più importante: un luogo accogliente dove far nascere i propri piccoli. Una cosiddetta nursery. Negli squali vivipari, non essendoci comunque cure parentali, i piccoli devono cavarsela da soli: ecco allora che diventa importante, se possibile, farli nascere in un ambiente con molto cibo e pochi predatori. L'alto Adriatico è una nursery per la verdesca, per lo squalo volpe, e anche per lo squalo grigio.

3. In Adriatico c'è anche lo squalo bianco.
Sì, proprio lui, il formidabile predatore. All’inizio del secolo il Grande Bianco frequentava regolarmente le tonnare del golfo di Trieste. Ora, a quanto pare, con il diminuire delle prede, il grande squalo appare oramai solo occasionalmente, e ogni volta con gran clamore. Negli ultimi vent'anni gli avvistamenti certi non arrivano a dieci (compresa la femmina di 5,70 m pescata nel 2003). Ma forse non ama la pubblicità…

4. Il rischio di essere attaccati da uno squalo in Adriatico è pari a zero.
Lo so, lo so, esistono degli elenchi globali di attacchi di squalo, dove gli attacchi riportati in Adriatico ci sono eccome. E' vero, però: a) in genere sono dati di secoli scorsi (e abbiamo detto quanto lo squalo bianco fosse allora un abituale frequentatore di queste acque), b) è difficile verificare la veridicità di tutti questi report, c) a volte la ricerca della notizia a sensazione “forza” un po' la mano anche nella compilazione di queste liste. Specie di squali veramente pericolosi in Adriatico, non ce ne sono, a parte il bianco, che come abbiamo visto è meno che sporadico.

5. Degli squali adriatici non interessa niente a nessuno.
Fidatevi, è così. Le ricerche svolte o in svolgimento sono talmente poche da essere quasi irrilevanti. Non si hanno dati veritieri di pesca, e ancora meno informazioni biologiche e ecologiche. Fare ricerca sugli squali costa, ed è complicato. L'interesse commerciale è praticamente nullo, così i soldi (già pochi) vanno da altre parti.

6. Gli squali dell’Adriatico stanno scomparendo.
E' evidente, e se non ci credete, chiedete ai pescatori, o ai mercati ittici. Il declino del pescato in Adriatico è eclatante, e se ci sono sempre meno prede, ci sono anche sempre meno predatori. Il confronto fra le carte ottenute dalle campagne di ricerca della fine degli anni '40, con quelle di fine anni '90, fa venire le lacrime agli occhi per lo sconforto. I pescatori sportivi 15 anni fa pescavano decine di verdesche a ogni gara (e un po' della responsabilità è anche loro), oggi due o tre animali sono già un risultato.

7. L'Adriatico senza squali è un mare che cambia, in peggio.
L'eliminazione sistematica dei grandi predatori sconvolge gli ecosistemi in modi che stiamo appena cominciando a intuire. Si innesca un effetto domino: senza la funzione di controllo dei predatori, le specie “controllate” crescono in maniera abnorme e l'equilibrio del sistema si sconvolge, e ricomincio necessariamente a riassestarsi in maniere che non sono prevedibili. E comunque, un mare senza squali, è un mare povero, ferito, innaturale. Un mare da turisti e bagnini, mi viene da dire. Un mare molto meno affascinante.

sabato 8 gennaio 2011

Il mare Adriatico è pieno di plastica

Sul quotidiano La Voce di Romagna di oggi, nell'inserto "Uomini&Mare" ho ripreso un post di due mesi fa, sull'inquinamento da rifiuti solidi in mare, e in particolare in Adriatico. Per quanto riguarda la presenza di rifiuti sul fondale, l'Adriatico è il più inquinato d'Europa.

Ecco l'articolo completo:
"Lo scorso novembre è andato in onda un servizio, all’interno della trasmissione Report, un servizio sui capodogli spiaggiati in Puglia, nel dicembre 2009. In quelle immagini, al di là delle ipotesi sulle morti dei capodogli e della possibile connessione con le prospezioni geologiche, era sicuramente di molto effetto la sequenza in cui vengono mostrati i contenuti stomacali delle povere bestie. Era un campionario impressionante di schifezze: borse, buste di plastica, scatole, cavi d'acciaio...

E’ sconvolgente, anche se risaputo, quanto l'incuria dell'uomo abbia infestato il mare. L'idea di un fondale marino punteggiato di plastica, cassette, lavatrici, copertoni, bottiglie e altro ciarpame è quanto di più triste e disturbante. E' come un'opera d'arte sporcata di inchiostro dalla mano ignorante di un vandalo.

Il problema dei rifiuti in mare è planetario: stime delle Nazioni Unite parlano di 18.000 pezzi di plastica per ogni chilometro quadrato di mare, per un totale che supera i 100 milioni di tonnellate. Ed è nota la presenza nel Pacifico di una isola di plastica e rifiuti galleggianti, formata e tenuta insieme dalle correnti, grande quanto due volte lo stato del Texas.

Da questo punto di vista purtroppo l'Adriatico non solo non è da meno, ma anzi ne risente come e più di altri mari. Non a caso viene chiaramente indicato come un dei “punti caldi” dell'inquinamento marino, in “A global map of human impact on marine ecosystems (Una mappa globale dell'impatto dell'uomo sugli ecosistemi marini)” pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Science, nel 2008. Le maggiori fonti di inquinamento solido in mare sono rappresentate dai rifiuti gettati via dalle imbarcazioni da pesca e non, e soprattutto dalle fonti legate alle aree altamente antropizzate e industrializzate della costa.

L’Adriatico è "piccolo" (come superficie e come profondità delle acque) e circondato da terre sovraffollate di gente: 4 milioni di abitanti lungo le coste del bord Adriatico, che diventano 22 milioni con l’arrivo dei turisti, in estate.

Purtroppo, mentre diversi sono i lavori che analizzano l’inquinamento chimico del nostro mare, ancora non si conoscono stime e valutazioni dell’inquinamento da plastica e da altri materiali solidi. L’unico indizio, non da poco, è dato da una ricerca pubblicata nel 2000 e che prendeva in considerazione il numero di rifiuti sul fondale marino. L’Adriatico si qualifica terzo in questa non certo meritoria classifica, risultando quindi uno dei mari più “sporchi”. Di più: se si considerano solo i rifiuti plastici, l’Adriatico è il mare più inquinato d’Europa, con 2,63 rifiuti per ettaro di fondale. Davvero un pessimo primato.

Purtroppo il problema dell’inquinamento da rifiuti solidi non è solo legato a un discorso “estetico”, ma ha ripercussioni anche importanti sulla vita e soprattutto sulla fauna marina. Non pochi sono gli animali che possono confondere questi materiali per cibo, e ingerirli. Questo può avere effetti pesanti, da gastriti, a infiammazione dell’intestino, fino alle mortali occlusioni dell’apparato digerente.

Recentissimo è un articolo, pubblicato da ricercatori croati nel 2010, i quali hanno esaminato il contenuto stomacale di 54 Tartarughe comuni (Caretta caretta) e in più di un terzo di esse (35.2%) hanno trovato materiale estraneo, principalmente: plastica morbida, corde, Styrofoam (polistirolo espanso). In particolare, uno degli animali esaminati aveva ben 15 pezzi di plastica fra stomaco e intestino, principalmente fogli di plastica e pezzi di sportine. La tartaruga non si nutriva da tempo, ed è probabile che la causa di morta sia stata proprio la presenza di questa plastica che ne chiudevano quasi completamente lo stomaco.

L’inquinamento da rifiuti solidi in mare è dunque un problema grave, diffuso ed evidente, e forse una maggiore attenzione alle nostre abitudini e comportamenti (la scelta di quello che compriamo, e l’attenzione a dove buttiamo imballaggi e rifiuti), può contribuire."

mercoledì 5 gennaio 2011

Io e il cane blu

Pochi giorni fa, grazie a un "aggancio" della sempre attivissima Beatrice sono stato contattato da una radio svizzera per un'intervista sulle tartarughe marine e sull'Ospedale delle Tartarughe.
La trasmissione si chiama Radiopeo, è rivolta a un pubblico di bambini, è il conduttore è un cane. Non nel senso che è un incapace, anzi, nel senso che è proprio un cane, anzi un cane blu, e si chiama Peo (pare che in Svizzera sia molto famoso).
Visto che adoro i bambini e che mi piace che il lavoro che faccio sia di stimolo anche e soprattutto per loro, non potevo sottrarmi. E visto che questa è la notte in cui arriva la Befana, ho pensato fosse perfetto farvela ascoltare.