martedì 28 gennaio 2014

Dagli allo squalo!

Il Governo dell'Australia occidentale si è reso protagonista di una scelta a dir poco scellerata. Ha stanziato la bellezza di 6,85 milioni di dollari, per eliminare o ridurre il pericolo degli attacchi di squali sulle coste del paese. Di questi, ben 2 milioni vanno al Dipartimento della Pesca, per cercare e uccidere squali. La caccia è aperta.
Verranno poste delle lenze, e tutti gli squali da 3 metri in su catturati saranno uccisi. Il primo a farne le spese, già domenica scorsa, probabilmente uno squalo tigre. 
Il piano ha suscitato proteste accesissime da parte degli ambientalisti (vedi foto).

La decisione segue i due attacchi da squali verificatisi in quelle acque lo scorso novembre, entrambi fatali. Nel primo, il 23 novembre è morto Chris Boyd, un surfista di 35 anni; nel secondo, il 29 novembre, la vittima è Zac Young, un ragazzo di 19 anni.
Dal 2000 ad oggi, sono 11 le persone uccise da attacchi, nelle acque della Western Australia.

Ora, si parla della morte di persone, e dunque nessuno vuole sminuire l'importanza delle tragedie accadute. Però le perplessità sulla decisione del governo a me restano. Enormi.

Prima cosa, i numeri. Quasi sette milioni di dollari per qualcosa che ha ucciso 11 persone in 14 anni. Tanto per capirci, circa 300 persone all'anno, in Australia, muoiono annegate. Mentre 10, sempre all'anno, sono quelle che muoiono per shock anafilattico a seguito di punture di vespa. Altri 10 sono i morti a causa di fulmini. Lasciamo stare altre cause di morte: incidenti, fumo, obesità (25.000 solo quest'ultima, per dire).
Ora queste 11 morti (in 14 anni) giustificano un investimento del genere, e la caccia al killer che si voluta scatenare?

Secondo punto, il metodo. Io non riesco davvero a capire come andare a caccia di squali per ucciderli possa risolvere il problema. La soluzione è, come minimo, temporanea, a meno che non li stermini tutti, ma la vedo dura. Poi, secondo me, inefficace. Quanti squali ci sono al largo dell'Australia dell'ovest? Mah... E dunque? Quanti devi ucciderne per avere dei veri effetti sul problema?

Terzo, il messaggio. Un animale che vive nel suo ambiente, suo, non nostro, crea un problema agli esseri umani? Sterminiamolo. Bello. Davvero. Educativo, soprattutto.

Non so quali misure, veramente efficaci però, si sarebbero potute prendere con 7 milioni di dollari, ma mi pare si sia scelta la strada meno valida, ma più di effetto.

Io credo che il premier australiano, Barnett, abbia voluto dare un segnale forte, una specie di rappresentazione a beneficio del pubblico. Infatti afferma "Non ho alcun piacere nel vedere squali uccisi ma ho la responsabilità imperativa di proteggere il popolo del Western Australia. Quando hai squali che sono tre, quattro, cinque metri di lunghezza, di specie notoriamente aggressive, che nuotano in acqua molto vicino ai bagnanti, c'è un pericolo imminente."
Vero. Ma io credo che lui sappia che non otterrà niente in questo modo, se non il poter dire "ho fatto quel che potevo", ma intanto colpisce creature che hanno l'unica colpa di vivere... nel loro ambiente naturale. Credo potesse impiegare molto meglio i soldi dei suoi connazionali.

giovedì 23 gennaio 2014

Disastro a orologeria?

L'eurodeputato Andrea Zanoni riporta la notizia che le prospezioni geologiche condotte in Adriatico negli ultimi mesi stanno giungendo al termine. Ne avevo parlato qui. Nella mappa qui di fianco vedete la "griglia" dei passaggi della nave Northern Explorer.
Qui la pagina dedicata a questo survey dalla compagnia Spectrum che l'ha condotto.

Bene. La notizia, pessima, è che il petrolio c'è. E non è poco.
Riprendo quelle che scrive Zanoni: "Nonostante i dati precisi non siano ancora stati diffusi, sembra che le scorte petrolifere sottomarine ammontino a 2,87 miliardi di barili. Secondo informazioni riportate dal Vecernji list di Zagabria, ci sarebbe la possibilità di attivare circa venti centri estrattivi su piattaforma.
La scoperta dei giacimenti ha già mobilitato le principali compagnie petrolifere mondiali alla corsa all’oro nero e al gas. La procedura per le concessioni petrolifere dovrebbe iniziare già nel primo semestre di quest’anno, mentre il Governo croato starebbe già valutando l’offerta economicamente più vantaggiosa.
L’operazione, secondo le fonti del Vecernji list, porterebbe nelle casse della Croazia fino a 1 miliardo e 300 milioni di euro in quattro anni."

Qui la notizia data dall'ANSA di ieri.

Ne parlavo proprio domenica, alla conferenza al Museo di Cattolica. L'Adriatico è piccolo, stretto fra le terre e con un volume di acqua risibile. Provate a immaginare cosa succederebbe se ci fosse un incidente con una piattaforma, o con una petroliera, in budello lungo e stretto, e piccolo, come il nostro mare.
Sarebbe la fine. Una distruzione totale.

Spero che le notizie che ieri hanno iniziato a circolare siano un'esagerazione e che la situazione sia meno appetibile per le compagnie, anche se la stessa Spectrum dice che "l'Adriatico orientale è senza dubbio molto attraente per le corporazioni internazionali dato che il mare non è molto profondo, fatto che riduce notevolmente il costo delle piattaforme per l'estrazione, in paragone ad altre parti del mondo, come in Africa o in Brasile."

Incrociamo le dita.

venerdì 17 gennaio 2014

A Cattolica "Il mare delle sorprese"

Domenica alle 17 sarò a Cattolica, al Museo della Regina, con la mia conferenza "Il mare che non ti aspetti", per l'occasione ribattezzata "Il Mare delle sorprese".

Ecco quello che scrive il Museo:
Domenica 19 gennaio prosegue la seconda serie di conferenze riunite sotto il titolo generale Il Museo studia; all'interno del breve ciclo Il mare che non ti aspetti, si colloca la conferenza di Marco Affronte, naturalista e divulgatore, il cui protagonista sarà il mare Adriatico, la sua originalità, la sua vita e biodiversità.
Il nostro è infatti un mare particolare. Stretto fra coste densamente popolate, poco profondo, gli viene attribuita essenzialmente una "vocazione" turistica, economica (è uno dei mari più pescati al mondo), commerciale, come via di ingresso per le merci che arrivano dal Mediterraneo. 
Ma l'Adriatico è una culla di biodiversità, un bacino ricco di vita che dà rifugio anche a specie simbolo della conservazione: delfini, squali, tartarughe marine. Una ricchezza che richiede protezione e tutela, e che è decisamente poco conosciuta.
Il racconto di Marco Affronte si snoderà principalmente attraverso delle storie: storie fuori dal comune, aneddoti, testimonianze di prima mano, situazioni vissute in prima persona da un naturalista che si occupa di Adriatico da oltre 15 anni. Seguiremo, attraverso le immagini e i racconti, le cronache di eventi eccezionali: la prima megattera mai avvistata in Adriatico, l’invasione degli enormi squali elefante nelle acque romagnole del 2001, delfini che lottano per la vita fra le mani dei loro soccorritori, il capodoglio spiaggiato a Rimini nel gennaio 2005, le decine di tartarughe marine ricoverate presso un Ospedale a loro dedicato e poi rilasciate in mare, giganteschi pesci luna che vengono a morire sulla spiaggia, i due delfini, madre e figlia, trovati nel porto di Ancona a giugno 2005, la storia di Andrea, il delfino che cercava la compagnia degli esseri umani.
Storie e racconti di un mare che sorprende, testimonianze di un Adriatico diverso e poco conosciuto, accompagnati da riflessioni su quanto dovremmo e potremmo fare per proteggere una ricchezza che appartiene a tutti noi.


mercoledì 15 gennaio 2014

Il trucchetto del SeaWorld

Come credo sappiate, l'uscita del film Blackfish sta creando grossi problemi al SeaWorld. Molti musicisti che avevano in programma concerti in uno dei parchi della catena hanno annullato le loro performance (siamo già a una decina), proprio a seguito di quanto mostrato dal film. I visitatori sono calati, magari non tantissimo, e i commenti sui siti e sulle pagine Facebook della grande catena americana di parchi non sono molto lusinghieri, a dir poco.

Come se non bastasse, il SeaWorld nella sua rincorsa contro il film che gli sta facendo perdere tanti consensi, non pare indovinarne una. Fino al ridicolo.
Ecco cosa è successo pochi giorni fa. L'Orlando Business Journal ha postato sul suo sito un sondaggio, che diceva così: "l'uscita del documentario Blackfish ha cambiato la tua percezione del SeaWorld?".
Il sondaggio non ha avuto un grande successo, e hanno votato solo 328 persone. Ed è però risultato che il 99% di queste avevano risposto "No". 
La percentuale davvero esagerata era molto sospetta, così il Journal ha effettuato un'indagine e ha scoperto che più della metà dei voti (il 54%) venivano da un unico indirizzo internet. Indovinate di chi? Ma del SeaWorld, ovviamente. Beccati!

mercoledì 8 gennaio 2014

Squali a Milano

Domani, alle 19, sarò a Milano con una conferenza sugli squali, organizzata da Sea Shepherd Conservation Society.
L'incontro si tiene alla Sala degli Affreschi di Palazzo Isimbardi, in corso Monforte.
Dividerò la serata con Massimo Boyer, biologo marino, fotografo subacqueo e recente autore del libro "Scilla. Storia di uno squalo bianco" (che ho appena finito di leggere).
Io presenterò una versione ridotta della mia conferenza "Il bello degli squali" che ho già portato anche, ma non solo, al Festival della Scienza di Genova, lo scorso ottobre.

L'ingresso è gratuito.
Se siete in zona, non mancate. Per info: contatto[at]seashepherd.it


martedì 7 gennaio 2014

Macellai in nome della scienza

Come forse saprete, cacciare le balene è vietato. Ma, come potete leggere su Wikipedia, "questo "trattato di pace" a livello mondiale ha lasciato troppe scappatoie per poter essere veramente efficace. Da allora sono state uccise 57.391 balene, tra cui balenottere minori, balenottere comuni, balenottere boreali, balenottere di Bryde, megattere, balene grigie, capodogli e balene della Groenlandia. Perfino dal 1986, anno di entrata in vigore del divieto della caccia alla balena, Giappone, Norvegia, Islanda, Russia, Corea e balenieri locali di diversi altri Paesi hanno continuato la loro attività, uccidendo complessivamente circa 21.760 balene."

Il Giappone è senz'altro il paese che con più convinzione e caparbietà, continua la sua spietata caccia, comprandosi, con mezzi vari, la sua quota di balene da pescare, ogni anno al meeting della International Whaling Commission. 
Se avete mai letto qualcosa su questo, e immagino di sì, sapete che il Giappone dichiara da sempre che la sua caccia alla balene viene effettuata per scopi scientifici. Proprio così.

Ora, poche ore fa, gli attivisti della Sea Shepherd Conservation Society hanno beccato e fotografato una nave baleniera giapponese che cacciava, con successo, proprio nel Santuario delle Balene, in Antartico. 
Qui ci sono le foto dell'intensa attività... scientifica dei giapponesi.
Se sfogliate le immagini, vedrete che in alcune di esse, sulla nave baleniera, campeggia la scritta www.icrwhale.org.
Se andate a visitare quel sito, vi trovate sulle pagine dell'Institute of Cetacean Research. Un istituto di ricerca, dunque, proprio come hanno sempre sostenuto i giapponesi. Cliccate ovviamente sulle pagine in inglese (a meno che non conosciate il giapponese) e girate un po' il sito. Mentre lo fate, ricordatevi che sono gli stessi delle foto drammatiche che avete appena visto qua.

Vedrete che parlano davvero di ricerca, di preoccupazione per lo stato delle balene, del Santuario delle Balene (in cui loro stessi cacciavano). E lo fanno come ricercatori indipendenti e noprofit! Davvero, fatevi un giro in quel sito e capirete tanto, di cosa si parla quando si parla di baleneria "moderna".
Ma la maschera cade ad esempio se cliccate su "About", e poi ancora su "Whale research byproducts", che significa più o meno "prodotti di scarto ottenuti dalla ricerca sui cetacei". Lì, si legge: "Dopo il prelievo di campioni biologici, le carcasse delle balene catturate vengono smaltite in base alla Convenzione internazionale sulla regolamentazione della caccia alle balene (articolo VIII paragrafo 2), che richiede che i sottoprodotti siano elaborati ed utilizzati per quanto possibile. Così, i sottoprodotti di entrambi i programmi di ricerca sulle balene vengono elaborati e venduti in Giappone sotto la guida del governo giapponese e il ricavato della vendita è utilizzato per coprire una parte dei costi di ricerca."
Bello no? Io faccio ricerca, e per farla devo cacciare e uccidere delle balene (per studiarle meglio, bambina mia...). E poi, non vorrai mica che butti via quelle enormi carcasse? No, no; le vendo sotto la guida del governo giapponese.
E vanno avanti con questa favoletta da quasi trent'anni. 'Sti giapponesi...